Fashion & luxury supply chain: dall’omni-channel al “no channel”

15 Ott, 2021 | Warehouse Optimization

Intervista a Daniele Ligorio, Supply Chain Director di Brioni.

Nel corso degli ultimi diciotto mesi, l’industria della moda si è trovata a gestire cambiamenti epocali: con la chiusura dei negozi e l’impennata delle vendite online, molte aziende stanno rivedendo i loro processi logistici e di approvvigionamento, prendendo coscienza della necessità di un processo di rinnovamento importante, soprattutto in tema di supply chain, miglioramento dei KPIs di performance (essere più veloci e reattivi) e potenziamento di servizi omnicanale.
Di questi e altri temi abbiamo parlato con Daniele Ligorio, Supply Chain Director di Brioni, azienda leader del settore Luxury, esaminando le tendenze chiave che influenzeranno il business del futuro.

 

Daniele Ligorio

Abbiamo passato un periodo difficile, che ci ha posti davanti a grandi sfide determinate dal Covid e dalle sue conseguenze. Come si sta muovendo secondo te il mercato del Fashion? La velocità di ripresa è quella che ti aspettavi?

La velocità di ripresa sta finalmente aumentando grazie all’allentamento delle restrizioni e all’efficacia della campagna vaccinale. In alcune regioni del mondo la velocità di ripresa è migliore rispetto ad altre, ad esempio segnali molto forti si sono visti quando la Cina ha iniziato a riaprire, infatti molti Brand stanno andando ad incrementare il loro business su quel mercato, approfittando di questa accelerazione. Ottimi anche i segnali di ripresa degli ultimi mesi in America, mentre nella zona EMEA l’andamento è un po’ più lento, trattandosi di Paesi molto legati al flusso turistico. Quello che è diventato determinante come facilitatore, anche del business fisico, è il concetto di dinstant sale. Il cliente ha preso dimestichezza con i canali online, dai siti web alle applicazioni fino ai social, facendo una pre-selezione di ciò che intende acquistare e sempre più spesso arriva in negozio in maniera molto più consapevole e diretta.

Nella gestione di questa emergenza pandemica qual è stato per te il momento più duro? E qual è invece il momento in cui hai avuto la maggiore soddisfazione nel tuo lavoro?

Il momento più duro è stato senz’altro l’inizio della pandemia: non si aveva certezza di ciò che sarebbe avvenuto e la difficoltà era quella di adattare velocemente la strategia alle circostanze che cambiavano in maniera repentina e difficilmente prevedibile. Tantissime aziende hanno iniziato una corsa nello spostare la merce verso le destinazioni ancora aperte, con tutte le problematiche legate alla velocità decisionale e operativa, ma anche alle incognite sulla durata di queste aperture.

Guardando indietro, probabilmente questa strategia ha portato più oneri che onori. La maggiore soddisfazione l’ho trovata senz’altro nel prendere decisioni, difficili e sfidanti, che si sono poi rivelate positive.

Come detto, tra le altre, l’aver implementato processi a supporto delle distant sale è stata quella più determinante. Abbiamo implementato nuove modalità di operatività logistica e spedizione, facilitando la comunicazione con il cliente e il processo di acquisto a distanza. C’è ancora molto da fare, ma abbiamo lavorato molto bene su tutto ciò che riguarda i capi bespoke, i capi su misura, creando un processo d’acquisto professionale, che permette al sarto di entrare in contatto con il cliente anche in remoto, aiutandolo nella scelta e nell’acquisto. Procedurizzare questa modalità d’acquisto, che era di nicchia, ha permesso di aumentare molto il volume e la domanda delle “distant sale” e sono convinto che questa abitudine resterà anche nel futuro.

Mi legherei a questo per parlare proprio di tecnologie, tema a noi molto caro. Sempre di più si parla di digitalizzazione e machine learning, in un contesto che tende ad essere sempre più reattivo. Quali sono secondo te i progetti più interessanti in termini di ricerca e innovazione che potrebbero impattare in maniera positiva?

Dal punto di vista tecnologico c’è un potenziale elevatissimo nel settore Fashion e Luxury. Dal lato distributivo e logistico, uno dei temi centrali è quello di non incrementare gli inventari. In questo senso, gli strumenti che possono aiutare ad allocare la merce prodotta sono e diventeranno sempre più determinanti per ottenere margini e saving. Il gioco sta nell’anticipare: ciò che impatta sull’operatività è e sarà sempre di più la possibilità di dotarsi di strumenti che permettono di definire velocemente le priorità, analizzando il comportamento del cliente.

Per quanto riguarda la vendita ci sono innovazioni interessanti legate alla realtà aumentata, che aiutano a capire com’è il fit dell’abito, anche a distanza. Ciò che non cambierà è la necessità di valutare il touch & feel, ma c’è sempre maggior attenzione nel ricreare esperienze realistiche tramite il digitale. Nella stessa ottica, vediamo sempre più presenti le logiche di experience e tracciabilità completa anche nel processo di produzione, che permettono al cliente di vedere l’avanzamento del prodotto acquistato (come fanno grandi aziende come Ferrari), rendendolo partecipe e coinvolto anche a seguito dell’acquisto.

Un altro dei temi caldi di cui si sente parlare sempre più è quello della sostenibilità. Cosa vuol dire per te sostenibilità nell’ambito della Supply Chain?

Quello della sostenibilità è un tema importantissimo su cui le aziende si stanno sempre più allineando. Alle aziende viene chiesto sempre di più in tema di bilancio di sostenibilità e i parametri sono elevati. Siamo ancora ad un livello embrionale in tutto il mondo e molto è ancora da fare, ma sono convinto che lavorando sulla pianificazione si possono ottenere ottimi risultati. Per la parte produttiva penso a temi di scelta dei materiali, di tracciamento della filiera, di sicurezza, rimozione delle plastiche, implementando nuove fasi del ciclo di vita del prodotto, che prevedano riciclo e riuso.

 

Fashion Supply chain

Tra gli aspetti che ritengo fondamentali nell’ottimizzazione di logistica e magazzino, presto particolare attenzione alla saturazione dei box e all’ottimizzazione delle rotte e dei trasporti, così da impattare al minimo sulle emissioni di Co2. Sono convinto che nel Fashion e nel Luxury sia necessario ripensare al concetto di urgenza: con una pianificazione efficace e con il giusto anticipo è possibile risparmiare in termini sia economici che di impatto ambientale. Prendendo esempio da modelli innovativi e di collaborazione, come la Green Reverse Logistic, anche le piccole aziende possono fare molto.

Abbiamo verificato un’accelerazione incredibile delle vendite online. Come vedi il futuro dell’e-commerce nel fashion di alto livello?

L’e-commerce è senz’altro un canale importante e oggi è un grande facilitatore nelle vendite anche fisiche. Specialmente nel Luxury non è in dubbio la compresenza di fisico e virtuale perché l’esperienza del cliente svolge un ruolo centrale nella vendita. Qui il tema è sviluppare nuove tipologie di servizio “white gloves”, che diano un valore aggiunto al cliente: l’assistenza, la consegna personalizzata, la consulenza. Nel mondo Fashion il tema è spostato sulla flessibilità e sull’agilità. In questo senso sarà sempre più importante lavorare sulla logistica e sulla gestione dei resi, rimettendo in disponibilità prodotti in maniera veloce. In generale, si parla anche nel nostro settore di omnichannel, che va via via declinandosi verso un concetto più ampio di “no channel” in cui il cliente sarà in grado di muoversi attraverso i canali messi a disposizione dall’azienda nella libertà più piena di scegliere e acquistare.

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